- Difficoltà: media
- Lezioni previste: 2
- Tempo medio di apprendimento: 2 settimane
- Percentuale risposte esatte per avanzamento: 75%
Dopo aver approfondito la composione, le tipologie e le caratteristiche della triade, si focalizzano in questa unità i procedimenti atti a realizzare il movimento e la transizione fra un accordo e l'altro.
Il passaggio fra un accordo e l'altro è la somma dei movimenti orizzontali delle singole voci.
La comprensione di tale definizione aiuta ad evitare un altro degli errori più comuni commessi dallo studente che consiste nel pensare ad ogni accordo come unità a sé stante svincolata da ciò che precede e da ciò che segue.
Per passare correttamente:
dall'accordo A composto dalle note del suo insieme fA 3°A 5°A
→ all'accordo B composto dalle note del suo insieme fB 3°B 5°B
occorre, in linea di principio, muovere singolamente ognuna delle note dell'insieme A,
verso qualla più vicina dell'insieme B.
L'errore più comune è quello di muovere
fA→fB
, 3°A→3°B ecc.
Il moto di ogni singola nota dell'accordo A verso un'altra dell'accordo B è
detto Movimento melodico in quanto coinvolge appunto l'aspetto orizzontale melodico della voce.
Se per una scrittura di tipo strumentale non ci sono particolari restrizioni a tale movimento, per quella
vocale occorre limitarsi a salti melodici facilmente intonabili al fine di garantire la stabilità dell'impianto armonico e la comodità di canto e di registro ad ogni voce.
Per la scrittura vocale sono sempre ammessi i moti di:
2M/2m, 3M,3m, 4G, 5G, 6m (la 6M con riserbo) e 8G.
Tutti gli altri, e in particolar modo tutti gli aumentati e i diminuiti
sono da evitare.
Tuttavia si riscontrano nel repertorio alcune importanti eccezioni giustificate in genere dalla forte attrazione tonale e melodica della sensibile.
Il moto dell'accordo visto nel suo complesso è detto Movimento armonico.
Può essere di tre tipi:
• RETTO quando tutte le voci si muovono nella stessa direzione
• CONTRARIO o DIVERGENTE quando tutte le voci si muovono in direzioni opposte
• OBLIQUO quando una o più voci restano ferme o legate.
Affrontiamo adesso un'altra bestia nera degli studenti: le famigerate Quinte e Ottave.
Invece che una oscurità alchemica dei compositori, la questione va vista piuttosto come polizza assicurativa sul principio democratico
vigente fra le voci.
Un esempio pratico può aiutare a chiarire la questione.
Se io scritturo e pago 4 cantanti con voci diverse (soprano, contralto, tenore e basso) per cantare una mia composizione,
per prima cosa mi devo assicurare di spendere bene il mio denaro facendo in modo che ognuno di loro sia indispensabile in quanto canterà una linea
appositamente scritta per lui.
Ora, se due di loro cantano la stessa cosa ho fatto un buon affare?
Sicuramente no, perché avrei potuto scritturarne tre!
Ecco da dove scaturisce il divieto di cantare la stessa cosa ossia cantare o procedere melodicamente per unisoni
o ottave.
Se ciò accade, anche per due sole note, l'utilità della polifonia si sminuisce o cessa del tutto.
Non a caso tale censura sul cantare o procedere per ottave, emerge dalla trattatistica dell'Ars Nova (inizi Sec. XIV)
che si opponeva fermamente alla vecchia pratica monodica gregoriana o a quella per quinte/quarte e ottave parallele dell'organum dell'Ars Antiqua.
Per garantire la totale indipendenza fra le voci, Philippe de Vitry (Parigi, 1291–1361) teorizzò tutta una serie
di regole che condussero poi al mottetto isoritmico.
Si consideri che il rigore arrivò addirittura a proibile il canto per quinte, che non è certo come intonare la stessa melodia a ottave (stesse note).
Invece si!
Con le scale modali, formate da due tetracordi in successione (identici come struttura intervallare), cantare alla quinta genera la stessa melodia nel secondo tetracordo.
La proibizione fu attuata in maniera talmente persistente, che il disagio del canto per quinte e ottave è percepito ancora oggi dall'orecchio moderno.
Nelle moderne musiche di scena o colonne sonore, o in qualsiasi contesto nel quale occorra richiamare un'atmosfera arcaica o medievaleggiante,
si fa infatti ampio uso di procedimenti per quinte e ottave (Carmina Burana di C. Orff, Ben-Hur ecc.).
Con la trattatisca settecentesca la smania formalizzatrice dei teorici illuministi ampliò il raggio
d'azione della proibizione originaria (pienamente logica e comprensibile) all'area del paranormale, con l'invenzione degli errori che non si vedono ma ci sono, detti infatti: nascosti.
Di seguito le definizioni dettagliate.
È probito che, nel passare da un accordo all'altro, due voci si muovano per quinte, ottave o unisoni
È bene chiarire che il moto retto o contrario non ha alcuna influenza sull'errore.
Il divieto va considerato per coppie di voci: basso-soprano, basso-tenore, basso-contralto, contralto-tenore, ecc ecc
L'unica eccezione significativa a questo divieto si registra nelle quinte che sono consentite quando la seconda è diminuita.
È probito che, nel passare da un accordo all'altro, due voci, pur partendo da un diverso intervallo, giungano ad una quinta, ad una ottava o ad un unisono per moto RETTO.
In parole povere, secondo tale proibizione ogni intervallo di quinta, ottava o unisono deve essere raggiunto per moto contrario dalle voci che lo producono.
Si noti poi che, a diferenza degli errori reali, questi coinvolgono solo la nota di arrivo e si producono solamente col moto retto.
Fortunatamente i casi ammessi, come eccezione, sono più frequenti della regola.
Come anticipato prima, esistono numerose eccezioni per gli errori nascosti.
Queste vanno
interpretate a seconda del contesto stilistico in cui si ci muove poiché un errore ammesso nello stile strumentale o sinfonico,
potrebbe non esserlo in ambito vocale, contrappuntistico o di musica rinascimentale.
In linea generale si può comunque tener conto delle seguenti indicazioni:
Gli errori nascosti sono ammessi quando le due voci che le producono hanno un movimento melodico differenziato: ossia una procede per grado congiunto e l'altra per salto.
Nel caso delle voci esterne (la più alta e la più bassa, di solito Basso e Soprano) - che sono le più esposte - , è meglio che il grado congiunto sia alla superiore e il salto a quella bassa.
Per collegare triadi allo stato fondamentale senza commettere errori di movimento e ottimizzando il moto di ogni voce secondo il principio della minore distanza (via più breve), è necessario applicare alle voci superiori le seguenti indicazioni basate sul movimento del basso
Il Basso si muove per gradi congiunti (salti di seconda):
Tutte le voci procedono per moto contrario col basso
Ovviamente procedono sino ad incontrare la prima nota utile dell'accordo di arrivo
Collega le triadi: salti di seconda |
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Il Basso si muove per salti di terza o quinta:
Una o due voci rimangono ferme, il resto procede per moto contrario col basso
Per l'intervallo di sesta al Basso comportarsi in maniera esattamente opposta alla terza di cui è il rivolto
Collega le triadi: salti di terza |
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Collega le triadi: salti di quinta |
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Il Basso si muove per salti di quarta:
Una voce rimane ferma, le altre due per moto retto col basso
Collega le triadi: salti di quarta |
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Esercitarsi a lungo su tutti i vari tipi di salti al basso facendo attenzione nel risolvere una voce alla volta.
Collega le triadi in base al movimento del basso |
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Il principio del Legame Armonico sopra esposto si applica ai collegamenti di accordi allo stato fondamentale liberi dagli obblighi di risoluzione che saranno invece disciplinati nell'ambito della Armonia Dissonante.
Per i collegamenti fra accordi di stato misto (fond - > rivolto < - fond) si proceda secondo
il seguente principio:
• Legare tutte le voci con le note in comune fra i due accordi,
• Muovere le altre secondo il principio della via più breve
Come spiegato a proposito dello stato dell'accordo, la numerica posta sopra un basso
serve a chiarirne lo stato ed è detta cifratura.
Un basso senza cifratura si intende allo stato fondamentale.
Tuttavia la sua numerica facoltativa ([5], [3] o [8]) viene utilizzata laddove fosse necessario
chiarire una situazione dubbia, specificare un cambio di accordo o una qualsiasi situazione di difformità rispetto al contesto*.
Talvolta può servire indicare che un accordo, minore nel contesto, debba essere trasformato in maggiore (simbolo 3#), o che la quinta di un accordo debba essere alterata 5# oppure 5b.
Nelle esercitazioni, i gradi della scala in numerazione romana vengono messi sotto il basso per chiarirne la collocazione nella tonalità e istruire lo studente sulla scelta del tipo di accordo e rivolto da utilizzare su ogni grado.
Purtroppo non esiste una maniera universale di indicare i gradi.
Si può indicare col grado in numeri romani:
• Il grado della scala (a prescindere dal rivolto in ogni caso indicato dalla cifratura),
oppure
• Il grado della fondamentale dell'accordo usato.
Ritengo che una soluzione mista possa essere di aiuto allo studente.
Da adesso in poi utilizzerò una notazione mista che indica
• con corpo normale il grado della scala
• con apice il grado della fondamentale dell'accordo usato.
Si ritiene di fondamentale importanza avere sempre il riferimento del grado della scala al fine
di apprezzare la varietà e la peculiarità di armonizzazione di ciascuno di essi.
Cosa che altrimenti non risulterebbe evidente con l'indicazione delle sole fondamentali degli accordi usati che, per la quasi totalità di un brano tonale, sono
quelli del I, V e IV/II grado.
L'esempio seguente con l'accordo di dominante in primo rivolto in tonalità di Fa Magg chiarisce i tre tipi di indicazione sopra esposti
La cadenza armonica è una successione strutturata di accordi che porta ad una chiusura o sospensione del discorso musicale.
Quadro riassuntivo delle principali cadenze:
A seconda che una cadenza sia realizzata con accordi fondamentali o rivoltati si distingue in:
• Perfetta (tutti accordi allo stato fondamentale)
• Imperfetta (uno o più accordi rivoltati)
Esempio con cadenza autentica V I in Do Magg.
L'armonizzazionione delle cadenze segue le indicazione del legame armonico fatta eccezione per alcuni casi dove quest'ultima contrasta con una qualche funzione attrattiva di un grado melodico (cadenza ad inganno V-VI).
Come si evince dal quadro riassuntivo generale, la cadenza autentica ha quattro varianti di armonizzazione in base al numero di accordi utilizzati sul V grado.
La Cadenza semplice prevede l'uso di un solo accordo sul V grado con
regolare legame armonico per la risoluzione.
Si noti la presenza della sensibile sull'accordo della dominanteche, oltre per il regolare
movimento previsto nel legame armonico, sarebbe stata in ogni caso attratta, con movimento ascendente, dalla tonica.
Cadenza Autentica semplice |
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La Cadenza composta consonante prevede l'uso di
due accordi sul V:
• Secondo rivolto 46 (accordo del I) e
• Stato fondamentale 5 (accordo del V)
La numerica dello stato fondamentale 5, pur facoltativa, diventa qui necessaria per indicare il cambio di accordo
sullo stesso basso.
Cadenza Autentica composta consonante |
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0/20 |
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La Cadenza composta dissonante prevede l'uso di
un solo accordo sul V ma con il ritardo della terza
indicato con la numerica cifrata: 4 - 3
Anche se la tecnica del ritardo sarà oggetto specifico di una successiva lezione, basti comprendere qui
che si tratta semplicemente di un arrivo posticipato sul levare della terza dell'accordo.
Quest'ultimo si ritroverà in battere con la nota dell'accordo precedente (la quarta) al posto della terza che giungerà, invece, in ritardo sulla parte debole del tempo.
Si noti che la cifratura del ritardo (4 -3), a chiarimento del fatto che si tratta di
un accordo allo stato fondamentale, pur con una nota ritardata, si specifica il 5.
Cadenza Autentica composta dissonante |
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0/20 |
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La Cadenza doppia è la somma delle due precedenti
e prevede quattro armonizzazioni sul V:
• Stato fondamentale (accordo del V),
• Secondo rivolto 46 (accordo del I) e
• Stato fondamentale con ritardo della terza 4 - 3 (accordo del V)
Cadenza Autentica doppia |
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0/30 |
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Per Cadenza ad inganno si intende genericamente una risoluzione
imprevista o evitata dell'accordo della dominante.
I casi più importanti sono due:
• La dominante risolve su un accordo che è a sua volta dominante di un altro tono (modulando)*,
• La dominante risolve sul VI grado (tonica del relativo).
In questo caso il basso sale di grado ma, contrariamente a quanto previsto dalla regola del legame armonico
che vedrebbe l'accordo muoversi scendendo per moto contrario al basso, la sensibile (terza dell'accordo) sale per attrazione verso la tonica.
Il movimento risolutivo dell'accordo del VI sarà quindi:
• La terza (sensibile) sale (sulla tonica),
• La fondamentale e la quinta
scendono regolarmente andando per moto contrario col basso (la quinta scende di terza).
Si otterrà sul VI un accordo caratteristico col raddoppio della terza.
*La risoluzione su un'altra dominante sarà trattata sul capitolo delle modulazioni
Cadenza ad inganno V-VI |
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+ |
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